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10 Il sacrificio dì Ieronima


erravano studiando nelle gallerie, nei musei e visitavano le chiese, onde s’erano fatti intimi di Donatello, del Masaccio, del Botticelli, di tanti grandi, e sovrattutti di fra Angelico. Allorché andavano a contemplare i mirabili affreschi nella cappella del palazzo Riccardi, pareva sempre al maestro entusiasta che la sua figliuola rassomigliasse ad uno di quegli angeli così puri, così raccolti che Benozzo Gozzoli vi ha divinamente raffigurati.

Quando Moras doveva uscire per gl’impegni della professione e che le poche faccenduole di casa erano sbrigate, la fanciulla suonava, e, valendosi delle dotte lezioni d’armonia avute dal padre sin dalla prima giovinezza, componeva canzoni o melodie, in cui la sua mente appassionata del bello pareva effondersi nella più malinconica dolcezza. Il maestro, tornando, trovava i fogli sparsi sul pianoforte, criticava mitemente qualche dissonanza per lui troppo moderna, in fondo era rapito dal talento della sua creatura e finiva collo stringersela al cuore.

Ma la sventura venne a troncare barbaramente quella semplice, modesta e ideale felicità. Costretto, nell’inverno, a cambiare spesso d’ambiente, Moras che non era robusto, non resistette agli squilibri d’una stagione capricciosa: ammalò di polmonite, riuscì a superarla, ma rimase debolissimo e colla salute infranta.

Tre mesi la desolata Ieronima vegliò giorno e notte al capezzale del diletto infermo, alleviandone talvolta, per suo desiderio, i patimenti con qualche breve sonata. Un harmonium era stato collocato nella camera, in faccia al letto, ed ella, reprimendo la propria emozione angosciosa, cercava gli accordi, gli andamenti preferiti dal padre. La musica accompagnò soavemente fino alla morte l’artista che si spense benedicendo la figliuola e la suonatrice.

Quella perdita crudelissima abbuiava l’intera giovinezza di leronima, troncando le sue più geniali abitudini e con esse ogni sua più cara aspirazione: non le era morto soltanto il padre ma ben anco un amico d’Arte e tin comoscitore profondo della sua anima. Il suo pensiero sempre così sereno, sempre avvezzo ad un pascolo elevato e purissimo, si trovava stretto all’improvviso entro una cerchia di fatali necessità.

Della tenue somma risparmiata negli anni del lavoro, il povero maestro aveva fatto egual parte fra i suoi due figliuoli, pensando che se Giordano era già circondato da una numerosa famiglia, non gli man- cavano tuttavia i mezzi di guadagnarsi onoratamente il pane, mentre Ieronima, che cosa farebbe Ieronima?.. Troppo geniale nella sua coltura e forse un tantino troppo altera per dedicarsi all’insegnamento, la fanciulla non aveva dinanzi a sè altra prospettiva se non quella di andare in casa del fratello; ma il risolversi a sì grave passo, l’abbandonare per