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del veltro allegorico di dante 63


stata la parte che avea seguito in Italia riguardo a Carlo di Valois. Né oltremonti faceasi contrasto agl’italiani che sovrastavano per l’ingegno e per le ricchezze: i fiorentini vi erano si frequenti che l’Alighieri ebbe a chiamar fortunate quelle tra le donne di Firenze che i mariti non abbandonassero per la Francia (Farad. XV, 120). In tal modo il poeta non avea perduto adatto l’Italia: e tra gli accenti del celtico favellare, non di rado egli ascoltava il suono di piú felice linguaggio. Gl’irti volumi degli oltramontani dottori gli dischiudevano intanto ampia carriera di brighe teologiche: fra le quali furono famose quelle intorno alla luce eterna di Sigieri da Brabante (Parad’. X, 136-138), solenne commentator di Aristotile.

Il padre di Giovanni Boccaccio a quei giorni era in Parigi. Ritornato a casa, piacevasi di trattenere il figlio coi racconti di ciò che quivi aveva egli veduto: di che nelle opere latine il novellatore immortale fa spessa e tenera menzione. Vuoisi adunque prestare intera fede a quello che in piú luoghi delle medesime opere latine Giovanni Boccaccio narra intorno alla gita ed agli studi ed al disputar di Dante in Parigi; si come di cose udite dal padre, che fu presente alla condanna dei templari, e che in quella cittá o rivide l’Alighieri o intese celebrar le sue lodi.

XXXVI. Non appena l’Alighieri giungeva in Francia che inaspettata novella occupò l’attenzione degli uomini. Clemente V, per consiglio di Niccolò cardinale di Prato, avea fatto eleggere in re dei romani (col nome di Arrigo VII) uno dei minori principi di Germania, il conte di Lucemburgo: e gl’impose, fra due anni venisse in Italia. I ghibellini ed i bianchi, drizzando il volto, crederono il loro esilio finito: il Cardinal di Prato, e ancora quel degli Orsini, scherniti entrambi dai neri di Firenze, che non avrebbero fatto in favore dei fuorusciti? E che non avrebbe oprato il conte di Lucemburgo per piacere al cardinale, che procacciogli l’imperio? I ghibellini quindi ed i bianchi non furono lenti ad accorrere in Germania per implorare propizio il principe favorito della Chiesa romana; innanzi tutti gli esuli