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dovette essere al tempo dei longobardi almeno pe’ gargangi della legge 390 di Rotari. Del resto delle professioni posteriori a Carlomagno, molte sono certamente di legge romana, e fatte in paesi dell’antico regno longobardo, molto lontani dalla Romagna. Ora vorrá ella supporre tutti questi professanti di legge romana venuti ultimamente da quella Romagna? Ovvero dire che Carlomagno concedette l’uso di quella legge nel regno longobardo? Ma trova ella memoria di tal novitá? E se non la trova, può ella assomigliare il regno longobardo con una legge unica, agli altri stati di Carlo dove giá si crede che fosse l’uso di molte leggi insieme? 6° Se gli ingenui romani furono senza eccezione ridotti allo stato degli aldi, dunque anche lo furono i cittadini, anche i non possidenti, anche i numerosi operai liberi, di che si trovano tante memorie negli ultimi e pur negli antichi tempi romani. Ma a tutti questi mal s’adatterebbe allora il nome di aldi, o almeno l’etimologia ch’ella approva. Ancora a costoro come sarebbe applicato il tributo del terzo eorum frugami Forse levavasi il terzo del loro lavoro, o del prezzo di questo? Ma ecco allora difficoltá e combinazioni di tributi indiretti, excises, gabelle, che mi paiono del tutto contrarie agli usi di tutti i barbari, forse senza eccezione. 70 Finalmente noto qui per memoria solamente, benché non mi paia difficile a sgomberare, quella nota difficoltá che viene dalla lettera dell’esarca a Childeberto (t. II, p. 61 della mia Storia) dove pare accennarsi una differenza di terre longobarde e romane» ). Cosa rispondesse il Troya alle obiezioni del Balbo si legge nelle lettere seconda e terza da noi riprodotte. Questi poi a sua volta risponde l’8 dicembre 1830, affermando che la seconda lettera da lui avuta gli ha dato ancor maggiore soddisfazione della (il La lettera con cui l’esarca chiede al re dei franchi aiuto contro i longobardi, dal Balbo pubblicata nella sua Storiti e da lui qui ricordata, termina cosi: «Sopra ogni cosa speriamo che nello scendere felicemente l’esercito de’ franchi, i romani per cui domandiamo vostri aiuti non saranno messi a sacco né tratti in prigionia; e che anzi farete rilasciare e restituire a casa quelli portati via per lo addietro. Cosi emendando il passato, dimostrerete quello che per l’avvenire abbiano i vostri a custodire. Ancora non fate incendiar gli edilizi affinché si conosca, come ella è una nazione cristiana che viene in aiuto e difesa d’Italia». Ed il Balbo fa seguir subito nella Storia queste parole: «Ed ecco qui una pruova che i romani, od italiani avevano terre e possessioni proprie nel regno longobardo; perché i franchi non aveano corso se non questo, né l’esarca si lagnerebbe de’ sacelli che fossero stati dati ai poderi de’longobardi». Balbo, Storia d’Italia, Torino, G. Pomba, 1830.