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si fosse deciso alla pubblicazione: «Dopo di aver esaminato diligentemente la lettera, alla quale il signor Trova ha rivocato la nostra attenzione, mi sono persuaso, che gli argomenti che in favore della sua autenticitá si fanno citare non sono forse di minor peso che li contrari».

Sempre nell ’Antologia (nn. LXXI-LXXII, novembre-dicembre 1826) al Witte rispondeva subito G. P. Gabriele Pepe) sotto forma di lettera ad Emanuele Repetti: notando, innanzi tutto, che il loro comune amico Troya non doveva dolersi se l’opera sua giá era chiamata «al foro della critica»; ricordando quindi come giá nelVHermes il Witte avesse espressi dubbi sull’autenticitá della lettera di frate Ilario, e combattendo l’opinione dello studioso tedesco che la canzone «Poscia ch’i’ho perduta ogni speranza» potesse ritenersi di Dante anziché di Sennuccio. Affrontava poi, delle obiezioni del Witte, quella ch’egli riteneva la piú grave, che si riferiva alla profezia del XIX dell ’Inferno ed alla data della morte di Clemente V. Infatti: «L’obiettare un tale anacronismo ha molta specie di ragione. Né sei dissimulava il nostro amico. Mi rammento anzi che sovente ne facevano subietto di esame... Parlavasi della morte del V Clemente quale unico fatto posteriore al 130S, che si trovi memorato nella prima delle tre cantiche. Ciò essere robusto argomento contro al tema assunto nel Veltro; ed in null’altro modo dileguabile se non supponendo che l’Alighieri avesse congetturalmente cosi parlato circa il giorno supremo di quel pontefice». Il Pepe notava come Clemente si mostrasse ben presto avverso ai desideri di Dante, e come Dante lo dovesse perciò considerare un proprio acerbo nemico; «ed ecco la certezza che un esule non meno acerbo ed iroso gli imprecasse prossima morte». Ed aggiungeva: «V’ha inoltre che il poeta potea tanto piú plausibilmente imprecargli o sperare che presto andasse a cacciar piú giú Bonifazio, in quanto che Clemente assai grave infermava poco dopo l’esaltazione sua... L’Alighieri... apprendendo cosi travagliato da fiero morbo il papa, potea molto innanzi del 1314 prevedere che questi non pontificherebbe per 19 anni». Del resto G. P. sapeva che il Veltro non era «che precursore ed epilogo di piú ampia storia». Il Troya s’era messo per una nuova via cercando «nell’istoria del secolo e nella vita del poeta la vera chiave alla lucida intelligenza del poema». A proposito poi di Uguccione, indicato come il veltro, notava che, secondo lui, il Troya non aveva tratto dalle parole «Questi non ciberá terra né