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Ma voglio dire un’altra parola dei romantici, che oggi mi stanno in capo. Credono essi che finora non vi è stato mondo, non filosofi greci ed egiziani ed indiani, e di tutte genti, che, ab eterno, hanno detto le pazzie stesse, che oggi vengono dicendo costoro, come grandi novitá, come grandi scoperte della mente umana; salvo che quelli dicevano delle pazzie, anche maggiori con piú grazia! Grande ignoranza è questa, che offende i romantici. Ad ascoltare le vecchie bestialitá, ch’essi vi dicono con tanta fede, le donnicciole parlanti di malie e di fattucchiere mi sembrano egregi filosofi. E senza piú m’innamoro del buon senso delle donne: dono prezioso, né guasto in esse da tanto disputare, che conduce a tanta ignoranza! Qui abbiamo Walter Scott, che veggo, quasi tutti i giorni, alla Biblioteca reale degli studi. Sta dettando non so qual romanzo sopra Napoli e sopra questi luoghi vicini, si atti a muovere la fantasia. È grande, ben fatto, attempato: impedito in una gamba, trascinasi con pena. Veste alla scozzese. L ’Ivanohe per esempio mi piace: noi leggerei per altro una seconda volta, come farei dell’Ariosto e del Ricciardetto e del Berni, ed anche dell ’Amadigi di Bernardo Tasso e del Giron Cortese. Viva Dio anche noi avevamo i nostri romanzi in Italia, ed erano quelli di un Ariosto, di un Boiardo scritti in bei versi, che oggi non si leggono piú dai romantici; ma non so se i romantici saranno letti quanto l’Ariosto; saranno letti forse, ma la prova non è ancor fatta. Addio, addio di cuore, ecc. 0 ) Napoli, i° febbraio 1832.

(1) Nella lettera (15) del 5 aprile (1832) s. i. 1. parla di quello che pensava sarebbe stato il primo libro della Storia, a cui egli attendeva. Dice a tal proposito: «Qui non si tratta di galoppare a tutto potere, come nel Veltro; qui posso spaziarmi a mio bell’agio: e quantunque nel primo libro si debba correre per le sommitá, pur nondimeno, essendovi descritta la storia dei longobardi quando essi erano fuori di Italia, per farmi comprendere, debbo prendere tutto il tempo e tutto lo spazio necessari a tal uopo.» Nella lettera seguente (16), s. i. 1. e s. d., avverte che la Marcella, di cui parlerá piú a lungo poi, è giunta, si sta stampando ed è molto piaciuta.