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IV

Amica mia pregiatissima, La vostra lettera di ieri l’altro n corrente non potea giungermi piú cara. Le notizie che quivi si leggono del nostro conte Eduardo mi han rinfrescato il sangue: la mia immaginazione giá crede affatto libero vostro fratello in breve tempo; e tanto piú mi gode l’animo di questo cangiamento di fortuna quanto meno tal cangiamento proviene da verun atto di debolezza. Evviva il nostro conte Eduardo: io mi congratulo di vero cuore con voi, amica mia, ed a lui, che tanto amate auguro piena felicitá e grandissimo accrescimento di fama. Né i suoi patimenti cesseranno senza ch’ei debba riportarne intera la stima di quelli stessi che fin qui gli hanno nociuto. Recategli, vi prego, i saluti miei affettuosissimi, e confortatelo a sperar tutto e bene dall’altezza dell’animo suo. Quanto sarei lieto di rivedere il conte Eduardo! Ma si lo rivedrò e sempre piú meritevole della pubblica stima e dell’ammirazione dei suoi amici.

Troppo fiacche in veritá vi sono sembrate le cagioni che mi hanno fatto riuscire cosi penoso il passato mese di giugno: anche quella della infermitá di mio padre non vi è paruta da tanto, che avesse dovuto rendervi ragione del mio soffrire. Ma a questa causa io non attribuiva nella mia lettera piú forza di quello che assentono le tristi e prevedute necessitá della natura dell’uomo: anzi ardisco dire che i capricci della stagione, i quali sogliono avere grandissimo imperio sulle mie facoltá intellettuali, essendo stati cosi straordinari nell’orrido mese di giugno, sincerissimamente sono stati creduti da me atti a spiegarmi perché l’animo mio mi fosse caduto cotanto. Né le calamitá del luogo nativo sono state in giugno come per lo innanzi, ma quel mese scioperato le ha viste crescere oltre