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Toscana longobarda, conseguite verso il 787, io intendo che il pontefice non avesse quivi un principe maggior di lui: né vado cercando, come voi fate nella vostra lettera del 3 novembre, se in tutti i paesi donati il pontefice avesse molta forza di soldati, o se fosse inferma ed inerme la sua potestá: dico solo che nell’Esarcato e nella Pentapoli Pipino concedè al papa i dritti di conquista che Pipino stesso vi avrebbe esercitato, e che Carlomagno dal 781 al 787 fece lo stesso di poche cittá della Toscana longobarda. Il duca di Lucca, la repubblica di San Marino, l’antica badessa di Quedlimburgo, non per essere piccolissimi principi per soldati e per territorio, sono o erano meno principi assoluti ed indipendenti. Nell’ VIII secolo adunque, e propriamente nel 728, i romani abbandonati dai greci, odiosi padroni, si costituirono in repubblica, e tali durarono fino all’800: e tali durarono dall’800 fino al 1198, quando il senato romano con solenne trattato pubblicato dal Muratori conobbe per suo principe Clemente III papa. Nell’800 papa Leone né diè né potea dare la sovranitá, che non aveva, di Roma, allo straniero Carlomagno, coronandolo imperatore: né Carlomagno conquistò l’imperio di Roma con le armi. L’imperio adunque, costituito da un papa e non dal senato romano, fu magistratura di difesa e di protezione della Chiesa universale: fu dignitá non regno: fu titolo fastosissimo, non aumento di potestá. Forse il senato romano concedè a Carlo nella cittá qualche autoritá: perché nei suoi diplomi, con costante pleonasma, s’intitola egli Imperator, et Romanum gubernnvs Imperituri. Ma questa concessione fu a vita, e gli altri imperatori omisero tosto la forinola del Romanum gubernans Imperium. Dopo l’imperio, i papi continuarono ad esser capi di Roma, e non principi: ora amici, ora nemici dei lor difensori, chiamati imperatori: ma né i papi facevano le leggi civili, né prima del 1198, come ho detto, furono sovrani di Roma. In somma nell’800 la repubblica romana ebbe un duumvirato del papa e dell’imperatore.

Conchiuderò con le parole dell’illustre Maffei, che pareggiava il Muratori per vastitá di sapere, ma vincevalo per ingegno