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romana fra i longobardi, ella non avesse in ogni passo a dover combattere con lo spettro importuno di questo popolo immaginario. Quante grazie le dovrá poi rendere per la tavola dei documenti di Besson, e pel cortese invio del Meranesio? Non meno che per le altre notizie datemi sopra queste due opere? Ma ormai ella mi opprime di gentilezze. Solo vorrei pregarla che mi tratti da amico, e mi prometta che se avrò bisogno di qualche libro me lo fará provvedere da qualche libraio, cui possa io pagare il prezzo. Se non fossi certo di doverlo pagare, mi asterrei con danno dei miei studi dal pregarla talora di farmi aver qualche libro: avrei, per esempio, bisogno del Piemonte Cispadano del Durandi: l’ho commesso a molti librai, ma invano: e qui non si trova, e non ancor l’ho veduto, e neppure in altre cittá d’Italia. Mio caro conte, io la ringrazio con tutte le forze dell’animo mio: creda pure, che ne ho ben donde: io la ringrazio con quante sono le facoltá della mia natura. Credo che sulla quistione dei romani potrá bastare un’altra lettera: indi passare all’altra del dominio temporale. Addio di nuovo: io sono il suo e tutto suo Carlo Troya. Roma, 17 dicembre 1830.