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è pieno il codice teodosiano, e che saggiamente Liutprando con una sola parola vietò nella legge ioo. Per darne un esempio, basta riflettere che un servo di un longobardo, fosse qualunque la sua origine nazionale, era longobardo: se questo servo col permesso e coll’affrancamento del padrone facevasi prete, che cosa erano i figli? Servi anch’essi, o affrancati come il lor padre longobardo fatto prete? Servi, risponde la legge ioo. Grandi equivoci per altro son nati negli storici moderni dall’aver confuso la legge canonica con la romana. I preti longobardi vivevano a dritto longobardo: ma di giorno in giorno andavano acquistando i privilegi clericali contenuti nelle leggi romane imperiali: ecco le false apparenze della storia intera intera. Muratori contradisse al vero da lui conosciuto nel dire che i preti longobardi passavano al dritto romano: quando poi si ricordò che vi erano tanti preti viventi a dritto longobardo nelle carte, disse che il vivere a legge romana era privilegio e favore, non obbligo. Qui dimenticossi di nuovo, e ne fu rimproverato dal Lupi, ch’egli fondava tutta la storia d’Italia sulla falsa supposizione che vi fosse il popolo romano vivente a legge romana. Qual privilegio adunque, buon Dio! diceva il Lupi, e qual favore pei preti, se un intero popolo viveva a legge romana? come può essere privilegio dei chierci quello che è dritto comune romano di tutto un popolo? Ciò non ostante il Savigny, gran seguace del Lupi, non comprese un si chiaro argomento: e Lupi stesso, che avrebbe dovuto ricredersi, restò fermo nella credenza che i longobardi conservarono il dritto romano.

Io le domando perdono di si lunga diceria: l’abbia in conto di quella stima e di quel rispetto che professo per lei sinceramente: io resterò in Roma per qualche mese, dove potrá scrivermi se volesse onorarmi di qualche suo comando. Mi creda intanto coi piú veraci sensi suo div. ed obbl. servitor vero Carlo Troya. Di Roma, 15 ottobre 1830.