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Papa Clemente di presentarsi al nostro tribunale e di abitare in Roma e diamo lo stesso ordine al collegio dei cardinali. Citiamo davanti a noi i due pretendenti Carlo di Boemia e Luigi di Baviera, che si prendono il titolo d’imperatori. Comandiamo a tutti gli elettori dell’Allemagna di informarci per qual pretesto abbiano usurpato il diritto inalienabile del popolo romano, il quale è l’antico e legittimo sovrano dell’impero».

Quindi trasse fuori la sua spada, l’agitò tre volte verso le tre parti del mondo, e nella sua stravaganza disse tre volte: «E ancor questo mi appartiene».

E tuttociò perchè, per aver fatto un bagno nella vasca di Costantino, scandalizzando perciò i suoi seguaci, credeva averne ereditato il potere.

Mentre egli così operava, il legato papale, dal cui concorso solo potevasi ancora fino ad un certo punto giustificare tanta bizzarria, protestava con tutta la forza che gli permetteva la sua scarsa energia! Sarebbe presso a poco come se il console di San Marino si mettesse in mente, per aver avuto i suffragi a pieni voti, o per aver portato il cappello di Napoleone I, di poter chiamare davanti il suo ufficio gl’imperatori d’Austria, di Germania, di Russia, con qualche Duchino per giunta. E pazienza ancora ai nostri tempi in cui, almeno a parole, si pretende che il diritto primeggi sulla forza, ma allora!

Nè quella lì era una momentanea scesa di capo.

A noi resta ancora la comunicazione diplomatica (12 agosto) destinata agli imperatori dopo quella mattesca cerimonia teatrale. Ne caviamo alcuni passi (Oxemio, De actis pontific., tom. 2° e 3°):