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finì coll’insuccesso. Anche nel bello femminile noi cerchiamo assai più la simmetria che non paia a prima vista; v’hanno paesi, come Torino, p. es., in cui per molti anni si credette l’ideale della bellezza architettonica essere la ripetizione della stessa facciata in tutta una via ed in tutta una piazza.

Ma voi mi direte: ma con tutto ciò voi ci spiegate l’inerzia, non il moto, non il progresso, non la rivoluzione dello scibile umano. È verissimo. Ma prima di tutto, a chi ben veda, l’inerzia è la regola, il progresso è l’eccezione.

Ora, come anche accada questa eccezione mi venne suggerito da un aneddoto raccontatomi dall’egregio mio amico il professore Lessona, che è certo il più ricco miniatore che io mi conosca di osservazioni originali sugli animali, e sul loro primo derivato, l’uomo.

Lessona vide un cane a far bella cera ai forastieri in un alberguccio, dove la loro rara venuta era festeggiata con refezioni di cui esso fruiva.

Ecco qui una delle vie con cui le novazioni s’introducono: gli uomini in preda agli stenti o ai dolori non fanno più la guerra solita alle innovazioni quando possono sperare (e la fame o il dolore li aiuta ad illudersi) di vederne mitigata la loro sorte, cambiar di fianco quando sperano vederne scemato il dolore: e così accade dei bimbi, che, nemici anche essi di ogni faccia nuova, cominciano ad acchetarsi e farle festa quando essa s’accompagni alla presenza o alla speranza di una chicca o di un balocco.

Ma, non ostante questa spinta potente, la forza d’inerzia terrebbe quasi sempre il soppravvento (non