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nità religiosa, il che si spiegherebbe in un Catone, in uno Spaventa, non in lui che intanto adula il clero ed i repubblicani avanzati per farsi nominare, il che è peggio che concedere a tempo, a loro, un fanale.

Grafomania. — Ma la forma più caratteristica è la grafomania, che in lui s’associa con la logorrea. È noto com’egli fosse il terrore dei giornali e degli amici, perchè usava affogare gli uni con valanghe di lettere ed intrattenere gli altri per intere notti della sua eterna e monotona parola; e già vedemmo in lui gli affetti di sposo e di figlio tacere innanzi a quelli del parlatore.

«Il parlare non gli costa che vento, e Sbarbaro non sente che questo bisogno; ha bisogno di parlare con dieci, con venti persone alla volta, magari, su argomenti diversi» (Dario Papa).

L’elenco de’ suoi scritti sarebbe un troppo lungo capitolo; ma, oltre l’abbondanza, qui si osservano altri caratteri speciali ai mattoidi. E prima di tutto: La minutezza degl’inutili incidenti che ci ricordano il pittore della Tavola, e che non giovano, ma fanno perdere anzi di vista l’insieme.

Ciò si nota fin nelle prime sue opere, o meglio elucubrazioni, perchè appunto per ciò nessuno de’ suoi lavori raggiunse la forma organica del libro.

Il libro Della libertà (1873) è un’introduzione di più di 500 pagine! E quest’introduzione è poi a sua volta una grande bibliografia cogli eterni elogi e biasimi a’ suoi avversari e con quelle minuzie fratesche, naturali nei letterati del secolo scorso, ma che stonano in lui. Per esempio, sostituisce (e lo fa