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242 iii - il libro della bella donna


volte contendono con la colorita freschezza delle matutine rose. Empiranno di vaghezza gli occhi, che le mireranno, se, vermiglie e bianche insieme, verranno a figurare quelle della vergine e cacciatrice dea de’ boschi, qualora ella si giace e si riposa doppo l’aver perseguito e cacciato i fuggitivi, vivaci e ramoruti cervi, le damme imbelli, i cavrioli leggeri ed i timidetti lepri. Piaceranno sommamente, se si scoprirá in loro il bianco giglio e la vermiglia rosa, il purpureo iacinto e ’l candido ligustro, e finalmente se fieno tali quale n’è data a vedere talora l’aria, ove, gelata, al suo antico soggiorno incomincia prima a correre l’aurora, e, indi a poco levato il sole, oggimai imbiancarsi e divenire candida e tutta neve. Tali non spiacquero all’Ariosto, ove scopre le bellezze d’Alcina. Non spiacquero al Petrarca nel sonetto «Io canterei d’amor» e alla canzone, il cui principio è a In quella parte». Non spiacquero al Bembo al secondo de’ suoi Asolani. Non spiacquero al Sannazaro nelle bellezze d’Amaranta. Non spiacquero a messer Ercole Strozza nel secondo de’ suoi Amori. Non spiacquero a messer Fausto Andrelino nel terzo de’ suoi, e finalmente a niuno, ch’io mi sappia, giamai. — Cosi detto, e, pensato un poco: — Alla bocca, con vostra licenza, trapasserò — soggiunse il signor Pietro. — Questa, di picciolo spazio contenta, viene non poco di grazia ad una vergine a porgere, e però in Dafne, fugace, picciola la pone Ovidio, nel primo delle sue Tramutazioni; picciola in Polissena nel terzodecimo delle medesime. Virgilio altresi, nel primo della sua Eneide, picciola la dá alla dea degli amori, Venere bella; picciola alla Fiammetta la dá il Boccaccio; picciola il Bembo nel sudetto luogo ad ogni damigella, che vaga vuol apparire. Ma le labra ove lascio io? Queste piacque al Boccaccio, pur parlando della Fiammetta, di rassimigliare a due vivi e dolci rubinetti; ed al Bembo, all’antedetto luogo, ai medesimi, ma aventi forza di raccendere disio di baciargli in qualunque fosse piú freddo e svogliato. Piacque al Sannazaro di agguagliarle alle matutine rose, nell’allegato sonetto di sopra, anzi di preporle. Agli Strozzi, padre e figlio, delle sue belle donne parlando, non spiacque ’l medesimo. Il Petrarca