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IOÓ TRATTATI d’aMORE DEL CINQUECENTO

Baffa. Dunque vi pare che prima non s’abbia da usare altro messaggero che se medesimo con gli atti, ed a questo modo l’uno all’altro scoprire prima il suo amore; e poi, se si sa leggere e scrivere, trattare d’altri particolari?

Domenichi. Si, pare a me.

Baffa. Vedete che anco sará quasi impossibile far da se stessi, perché, nel mandar le lettere, bisognerá usare il mezzo di terza persona.

Domenichi. Potrassi anco di meno, se l’amante e l’amata saranno d’elevato ingegno, perché vi son mille vie. Togliete lo essempio di Gismonda, a che guisa diede la lettera al suo Guiscardo. E che i sospiri e gli occhi siano quelli che sono i messi d’amore, notate quei d’Anichino, quando giuocava con madonna Beatrice, i quali poterono piú che quanto vagheggiare e quanta servitú mai le fece alcuno altro. Si che anco mille altre vie ci sono, senza usare il mezzo di terza persona.

Baffa. Vedete che Anichino fu ardito; nondimeno io giudico che caldamente amasse, e voi tanto lodate Tesser timido.

Domenichi. Anzi egli fu timidissimo, perché mai non s’avrebbe scoperto, s’ella non l’avesse scongiurato per quanto amor le portava e datogli tutto l’ardire ch’ebbe; onde, tuttavia temendo, la pregò che, non volendogli consentire, lasciandolo stare nella forma ch’egli si stava, si contentasse che l’amasse. ...

Baffa. È vero: acconciatele pur tutte a modo vostro.

Domenichi. Che anco si possa amare senza far palesi gli amori suoi ad altri e pervenirne al desiato fine, vedete ch’agli atti e mille segni la moglie di messer Guglielmo Rosiglione s’accorse che ’l Guardastagno le portava amore, onde lo fece possessore delTamor suo.

Baffa. E voi sapete ben ciò eh’ad amendue avenne.

Domenichi. Pazienzia! Se si seppero mal governare, ne diedero anco le pene. Bisogna a tutte le cose aver risguardo, e chi ha superiore non assicurarsi tanto, che poi non solamente siano privi di potersi godere, ma si procaccino morte vergognosa. E però chi vuol seguire Amore, deve discorrere

assai.