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ha servito di modello. Cosí, per addurne uno, il motivo della ferocia dei Tauridi, che, nella Ifigenia è pienamente giustificato e suggerito dalla tradizione, nell’Elena appare invece avventizio, e contrario ai dati della leggenda, e straniero al testo d'Erodoto, che sembra sia sostanzialmente l’unica fonte di questo dramma.

E ce n'è poi uno che, secondo me, ha maggior peso di tutti, e che vale non solo di fronte all’Elena, bensí anche di fronte allo Ione. Perché sta di fatto che l’argomento della Ifigenia e quanto mai romanzesco, e lo svolgimento, sinché ci limitiamo ad esporlo, ha, punto per punto, carattere d’intreccio, e d'intreccio ben complicato e condotto. Ma poi, mentre nell’Elena questo intreccio è pienamente e sagacemente sfruttato nella condotta scenica, nella Ifigenia non lo troviamo effettivamente svolto. Sulla scena non si svolge se non il terzetto fra Ifigenia, Oreste e Pilade, nel quale avviene il riconoscimento e si trama l’inganno. Ma tutti gli antefatti e tutte le conseguenze sono semplicemente narrate; ed i riflessi sull’azione ne sono anche assai deboli. Insomma, l’intreccio è piú esposto che non svolto. Onde pare logico concludere che di fronte ad un soggetto ad intreccio, che lo allettava per la sua novità, Euripide si trovasse qui alle sue prime armi, e non sapesse andare molto piú oltre la presentazione d’un tema, che poi riprenderà, altre due volte, con mano tanto piú abile e sicura.

E non sembri strano se adesso m'ingolfo in un computo numerico. Anche le analisi quantitative, a tempo e luogo, possono riuscire utili. In questo dramma, se escludiamo le parti non propriamente drammatiche (i canti corali, le due narrazioni dei messaggeri, il prologo), che tutte insieme occupano seicentoventitrè versi, rimangono, destinati alla parte piú pro-