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ERCOLE 109

non vendichin dei loro avi materni.
Ed io — poiché mio figlio, allor che scese
giú nella negra sotterranea notte,
qui mi lasciava educator dei figli,
della casa custode — affinché scampo
trovassero da morte i figli d’Ercole,
con la lor madre, a quest’altare venni
di Giove salvatore: il figliuol mio
nobile lo fondò, segno del suo
trionfo, allor che vinti egli ebbe i Minî.
E a questo asilo ci stringiam, di tutto
bisognosi, di cibo, di bevanda,
di vesti: il fianco distendiamo sopra
la nuda terra: sigillate sono
per noi le case, e piú non c’è speranza.
E degli amici, alcuni vedo ch’erano
amici falsi, e i veri non ci possono
prestare aiuto; è tal della sciagura
per gli uomini l’effetto. Oh, niun patirla
possa, per poco che mi sia benevolo.
Troppo verace prova è per gli amici.
megara
O vegliardo che un dí, con tanta gloria,
le schiere dei Cadmèi capitanando,
ponesti a sacco la città dei Tafi,
nulla di chiaro mai veggono gli uomini
nei consigli dei Numi. Io sventurata
non fui da parte di mio padre; ch’esso
magnificato per la sua fortuna,
era, ché della terra aveva il regno,
il regno, onde le lancie a pugna balzano