Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/211

208 EURIPIDE


E fra episodio ed episodio, introduce un altro grande elemento di varietà, coi canti corali. Mi sembra anzi evidente che appunto al desiderio di moltiplicare la varietà sia dovuta la scelta di donne fenicie anziché tebane, come sarebbe stato piú ovvio, per la costituzione del Coro. Tale scelta, che sempre ha tanto affaticata la mente dei critici, offriva l’opportunità di istoriare la tessitura del dramma con una quantità di elementi pittoreschi e brillanti, dai ricchi vestiti multicolori, alla pittura di misteriose contrade remote, ad una moltitudine di ricordi mitici che legavano, fra i primi lucori della storia, la Grecia all’Oriente.

Un tale ufficio del Coro è chiaramente designato sin dal suo primo ingresso. Nel giro di poche strofe, dinanzi agli occhi degli spettatori, sfila una serie d’immagini fulgidissime: il vertice del Parnaso cosperso di neve; il mare che trepida sotto i soffî di Zefiro, e il mormorio delle onde che ascende per l’ètere; i simulacri d’oro, i lavacri di Castalia e i due vertici del Parnaso scintillanti di faci fra le tènebre; e la caverna del Drago, e le aeree spècole dei Numi, e le scaturigini di Dirce, e la valle selvosa di Febo, e le danze intorno all’ara del Nume.

E altrettanta è la ricchezza del secondo canto, dove il mito di Io, rievocato non senza qualche lontana eco eschilea, e quello di Cadmo, del Drago, dei Terrigeni, si abbelliscono di particolari non meno luminosi e pittoreschi: altrettanto quello del terzo, dove è ricordato Edipo esposto sul Citerone, e da Edipo si risale alla Sfinge e alle sue gesta, e di qui alla nascita dei guerrieri seminati con le ossa del Drago, e, ancóra, alle nozze di Cadmo e d’Armonia, e alle mura di Tebe surte per magica virtú della lira d’Anfione: altrettanto quella del quarto, dove, a proposito del sacrificio di Menecèo, si torna, con agile copia di particolari, al mito della Sfinge e di Edipo.

Ed anche da rilevare mi sembra l’insistenza delle immagini dionisiache. Qui, è chiaro, non avevano molto luogo; e