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AGAMENNONE 17

Ed ecco il secondo accesso. Cassandra lo sente giungere, ne sente i sintomi, i preludî lugubri, dei quali, dunque, ha piena coscienza: sinché l’accesso la domina, e allora perde ogni coscienza. Anche qui la sua visione è tutta piena d’immagini theriomorfe. Alcune ne abbiamo già rilevate. Quando poi cerca un soggetto a cui si possa paragonare Clitennestra, non pensa se non ad una fiera;1 e tre figure di mostri le si presentano alla fantasia: Anfesibena, Scilla, un altro il cui nome è andato perduto.

Nella seconda stasi (1246-1256) dice chiaro il nome della vittima, Agamènnone. Ma presto giunge il terzo accesso; e questa volta Cassandra ne descrive il carattere: è un fuoco che la investe. Ed anche qui perde quasi súbito ogni coscienza, riprendono le visioni theriomorfiche, poi l'apparizione terribile di Apollo che la spoglia delle vesti sacerdotali.

E succede la terza stasi. Cassandra ode le parole del coro, e risponde, cosciente come ancora non fu mai, e tanto serena, che chiama amici i vecchioni d’Argo. E in tutta questa ultima parte, esprime una serie di elevatissime considerazioni etiche, conclusa con la sconsolata riflessione sulla labilità delle sorti umane. Cosí anche la scena di Cassandra, terribile come un turbine, e che tocca altezze né prima né più mai raggiunte dalla ispirazione poetica sibilliaca, si chiude anch’essa, in conformità al principio generale dell’arte greca, con armonie soavi, purificatrici.

Eschilo, II ― 2

  1. Τί νιν καλοῦσα δυσφιλὲς δάκος τύχοιμ’ ἄν; — L’Ἅιδου μητέρ dei codici sarà certo corrotto. E al suo posto sarà stato un altro mostro, certo non l’Ἅιδου λῄτορ di Wecklein.