Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/57

52 eufemio di messina.

L’inviato da Dio: scevro d’amore
Ir potrà il volgo; eccelse alme nol ponno.
Almanzor.Sentir gli affetti il volgo può; domarli
A chi, fuorchè ad eccelse alme, s’aspetta?
Eufemio. Che dir vorresti?... Lodovica....
Almanzor.                                                            Indarno
Entro Messina pel mio labbro il nome
D’Eufemio risonò: d’orror compresi
I più audaci guerrier vidi, ma indarno.
Molti assentiano che, a distor la strage
D’un’intera città, la fatal donna
Tolta per te dal suo chiostro venisse;
Quand’ecco ad arringar sorge mitrato
Un sir canuto, in mano aurea tenendo
Pastoral verga, a cui devoto ognuno
S’inchinava in silenzio. «Oh vituperio
» Dell’età mia! (proruppe). Oggi alla Croce
» Del sangue d’un Iddio tutta grondante
» Immolar niega il suo vil sangue l’uomo!
» Voi rapireste una innocente, al cielo
» Vergin sacrata, onde in nefandi amplessi
» A eterna morte la traesse un empio?
» Voi tenta il ciel; vostra codarda vita
» Non serberanno i sacrifici: o infida
» A’ giuramenti suoi l’oste medesma
» De’ Saracini struggeravvi, o spinto
» Dalla destra di Dio sorgerà il mare
» A subissar questa rea terra. Una evvi
» Speme di scampo: di virtù severa
» Seguir la via, difendere a ogni costo
» La patria e il culto!... ed a salvarvi allora
» Prodigi forse opererà l’Eterno.»
Tacque; e la turba unanime rispose:
«Pria che offender l’altar, morte si scelga!»
Le mie minacce io ripetea, ma l’aura
Scintillò di pugnali a ferir pronti;
E caduto io sarei, se il venerando
Vecchio non feami del suo manto scudo,