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prefazione XIII

sventura...». Nè all’infelicissima moglie del Conte risparmia l’affettazione: «io moio di dolor!». Tuttavia lasciò indisturbata la sentenza: «i buoni mai Non fur senza nemici». Gli è che codesti rari atti d’indulgenza son quasi sempre semplice effetto di distrazione1: giacchè, non paia soverchio l’insistervi, anche un così oculato e attento scrittore dà non iscarse prove di saper distrarsi. E allora gli sfuggono, oltre le forme dianzi rilevate, un «ajuto», qualche «contra», degli «anco», dei «sovra».

Del terribile egli non sempre qui gli riesce di far lo scempio che nel Romanzo. E se, per esempio, ottiene che un senatore veneziano dica: «Giustizia troverà... Ma se ricusa, se sta in forse», invece di «Giustizia ei troverà... Ma se ricusa, s’egli indugia», non può togliergli di bocca, iniziando il discorso: «Ov’egli Pronto ubbidisca». E ancora, se nella Prefazione al Carmagnola riesce a fare a meno dell’inviso pronome, sostituendo «quando è» a «quando egli è»; nella tragedia si vede costretto, se vuol cancellare un incomodo «dunque», ad accettar il soccorso che gli offre proprio quel pronome. Vero è che gliel offre in una frase interrogativa, e nell’umile condizione d’un pleonasmo; dove cioè la parlata toscana, non solo lo tollera, ma gli fa festa. Prima faceva dire dal Conte (p. 214):

                    E che! Sì nuova
Dunque mi giunge una vittoria? E parvi
Che questa gioja mi confonda il core....?,


e dopo, ha modificato:

                    E che! Sì nova
Mi giungo una vittoria? E vi par egli
Che questa gioia mi confonda il core....?2


  1. In un biglietto al figliastro, il Manzoni soggiunge: «Però, però... che non t’avessi a dare nessuna seccatura? Impossibile! Fammi dunque il piacere di ripassare dallo stampatore, per dirgli che se, nella correzione del torchio, si trovi qualche buono o cuore o nuovo, si levi l’u». Cfr. De Marchi, Dalle Carte ined. Manzoniane, p. 30 n.
  2. Anche nel Romanzo (cap. II, p. 26) fa dir da Perpetua: «Oh! vi par egli ch’io sappia i segreti del mio padrone?». Ma in tutto il libro non ce n’è che un altro solo di codesti egli pleonastici, nel cap. XXIII, p. 327: «E questa consolazione.... vi par egli ch’io dovessi provarla....?».