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Ghìsola stava sola sul murello dell'aia. Masa e le altre donne degli assalariati, al chiaro di luna, aumentavano la sua collera. E le pareva che il chiaro di luna rimanesse attaccato alle loro vesti e se lo trascinassero seco movendosi. Lontana da loro, senza che nè meno si ricordassero che viveva, quelle donnucce sporche come era stata anche lei!

Si sdraiò sul murello; con un tremito convulso. Fissò una stella più grande delle altre; e le parve che girasse a cerchio e poi saltellasse in qua e là; sentendosi, a seconda di quel moto, strappare le tempie.

Credendo d'impazzire, scosse vivamente la testa e si stropicciò gli occhi.

Poi le donne rientrarono in casa; e allora si rimise a sedere e guardò verso gli usci: nell'ombra stava quasi la metà del piazzale fino al pozzo, ed una entratura ad arco sotto il quale era un carro; ma le pareva che fossero soltanto colori di altre ombre.

Il murello era quello stesso quando, con qualche compagna, giornate intere, si chiappava le mosche su le ginocchia. Che risate insieme, a pena nella strada passava qualcuno!

Il pozzo le fece paura; come se tirasse giù, dentro l'acqua, lei e tutta la luna. Poi pensando che quel lume era anche sopra la sua faccia, se la nascose entro le mani e rimase così.