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Traverso i vetri chiusi della finestra si vedeva già il bianco dell'alba che non pareva ancora luce, e Marco non aveva finito di scrivere, e piangeva sempre. Continuò ad accumulare le pagine, triste, desolato, ed ogni volta che la brezza mattutina, gli dava un brivido, provava come il terrore della morte.


Quando, più tardi, entrò nella camera della sua mamma, la povera donna fu impaurita, tanto era pallido in viso, cogli occhi cerchiati e profondamente mesti.

— Che cosa ti accade, Marco? Per carità! gridò balzandogli incontro.

Egli si lasciò andare come morto sopra una sedia, e cedette ancora ad un impeto di pianto. Poi, facendosi forza, vergognoso di quell'atto di debolezza, si asciugò gli occhi, cercò di rinfrancare la voce, e disse:

— Non è nulla, mamma; non istò male per ora; soltanto, sento una sensazione di freddo in mezzo alle scapole, ed ho un po' di tosse...

La mamma si fece bianca bianca, ed un'espressione di inesprimibile angoscia le alterò il volto. Aveva udite tante volte quelle parole!

— Ma da quando hai la tosse? domandò tutta tremante. Da quando ti è venuto questo male?

— Chi lo sa? È il nostro male di famiglia; ne portiamo il germe nascendo... Ma questo non importa, soggiunse Marco sedendo accanto alla signora Bellazio, che a quel discorso era caduta