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30 fisionomia di torino


Lasciando ad altri capitoli la cura di descrivere gli edificii e i monumenti ragguardevoli, l’amministrazione e le istituzioni, cercheremo qui di fermarci alcun poco sopra alcune considerazioni generali, sopra qualche particolarità che sfuggono di solito all’occhio onniveggente del Cicerone di piazza, ma valgono a rappresentare (benchè in ristretta cornice) la fisionomia del paese che s’ha in animo di visitare.




L’aspetto di Torino a chi viene da Milano, da Genova e da qualsiasi altra città d’Italia presenta l’idea di una città di fresca data: la mancanza di monumenti antichi e del medio evo, la sua architettura quasi affatto contemporanea, fanno dimenticare la vetustà della sua origine; e chi volesse andare in traccia di monumenti antichi tiri diritto per la sua via, Torino non fa per lui.

Il solo edificio superstite che odori un poco d’antichità, e conservi almeno un’idea dell'Augusta Taurinorum si è il Palazzo delle Torri, di cui parleremo a suo luogo. Una via romana fatta sul modello delle migliori fu trovata non molti anni nello scavare il canale sotterraneo di Dora Grossa, rimpetto alla via degli Stampatori. Essa corre circa due metri sotto il presente selciato. Alcune are votive, iscrizioni funebri, frammenti di edificii e di trofei si scavarono or quinci or quindi, e trovansi raccolti per gran parte ed ordinati nelle logge della regia Università.

Nè più fortunato sarebbe chi avesse a rintracciare memorie di quell’architettura dell’arco acuto che innalzò tanti stupendi edificii nel medio evo. Il solo Palazzo del Castello (Madama), ne’suoi tre lati non ammodernati, è quanto in Torino ci rappresenta l’architettura dei tempi mezzani; come la cattedrale di S. Giovanni è la sola memoria che ci resta dell’epoca del Risorgimento.

Gli è infatti a considerare che fu solamente verso la seconda metà del secolo XVI in cui Torino divenne la capitale del Piemonte, alloraquando le varie sue genti, cominciando a riordinarsi in nazione, andarono via via aumentando in misura che altre genti italiane entravano a far parte della nuova e vasta famiglia.

Emanuele Filiberto, posta sua sede a Torino, occupato della rigenerazione politica, non poteva darsi grave pensiero de’materiali miglioramenti, ciò non pertanto sotto il suo regno molto si operò anche da questo lato; ma i tempi non erano favorevoli alle arti, e dovette valersi dell’opera di architetti che appartenevano già alla scuola della decadenza.