Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/412

f)3fj all abate Denina preferire i contemporanei che ne formarono un carattere affatto diverso. Il canone di critica non può esser più giusto. Io ne profitterò dunque, e in un’altra edizione della mia Storia io trarrò il carattere di Federigo da ciò che ne hanno scritto i suoi contemporanei Pier delle Vigne e Niccolò di Jamsilla. Ma non parmi che sian questi gli autori de’ quali ella vuol che mi giovi, ed è verisimile ch’Ella gli rigetti come troppo parziali, benchè contemporanei di Federigo. Veggo di fatto che V. P. re_ verendissima mi suggerisce di ricavare il carattere di Federigo da uno scrittore imparziale, cioè da una lettera di Gregorio IX scritta al medesimo imperadore, e pubblicata dal Lami. Ho ubbidito a’ suoi comandi, e I lio letta; ma le confesso che, oltre qualche dubbio che mi è nato sulla legittimità di quel documento , io non vi ho trovata cosa che si opponga a ciò che ne ha detto l’abate Denina, e ai pregi ch’egli ha in lui ravvisati, che sono la politica, il valor militare, l’attività, l’accortezza, la severità negli ordini della giustizia. Ma forse mi sarà sfuggito qualche passo di quella lettera, in cui il pontefice gli avrà provato ch’ei non era nè politico, nè valoroso, nè attivo, nè severo negli ordini della giustizia. Il zelo di V. P. reverendissima non si contiene solo nella difesa de’ dommi della cattolica religione, ma si stende ancora, come da lei richiede l’eminente carica a cui è sollevata , a mantenere intatti i diritti del temporal principato. Quindi avendo io detto a pag. i i che gli Estensi signoreggiavano in Ferrara, ella