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SECONDO 2^3 che quattro anni dopo, cioè a’ 5 di maggio del 1659, andando da Roma a Firenze, trovò in Radicofani un certo Monanno Monanni fiorentino, da cui intese che in Firenze si cominciava a trattare il perfezionar gli oriuoli con una macchina trovata dal Galileo; ch’egli quindi avendo adattato il pendolo al suo orologio portatile, lo offrì al gran duca Ferdinando II e che questi gliene fè mostrare un altro più grande, a cui era stato applicato il pendolo, secondo l’idea che data ne avea in una sua macchina il figliuolo del Galileo, e secondo ciò che il Galileo stesso aveane scritto: Is benignissime ostendi mihi mandavit quoddam suum majoris molis horoligium, cui simile pendulum affigi jusserat, ducta scilicet invetione tum ab antiqua et aeruginosa machina minime absoluta, quam Galilei filius jam ab anno 1649 construxerat, rum etiam ex quibusdam ejusdem Galilei scripits et epistolis de pendulorum usu ad Hollandos datis. Avea dunque Vincenzo fatta veramente eseguire l’idea di suo padre, col far lavorare un oriuolo a pendolo, benchè il lavoro non fosse riuscito perfetto, come in tutte le cose nuove suole accadere. Soggiugne poi il Campani, che avendo egli considerata quella macchina, cominciò a pensare a varie maniere di applicare il pendolo all’oriuolo, e che venutogli poi alle mani il libro dell’Ugenio, stampato nel 1658, si diede a immaginare in qual modo si potesse applicare il pendolo all’oriuolo in maniera che o questo avesse sempre uguali le vibrazioni, o che il pendolo stesso da se medesimo, senza alcuna forza estrinseca, si Tiiubosciu, Voi XIV. 18