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terzo a3o5 cose dovesse dire su tal proposito. Nondimeno ei dee aversi in conto di uno degli scrittori più benemeriti della lingua italiana per la sceltezza delle voci e delle espressioni. Non così riguardo alla gramatica e alla ortografia, nelle quali, come avverte Apostolo Zeno (l. cit. p. 25), ei non è modello troppo degno d’imitazione, essendo a lui pure avvenuto ciò che, secondo il canonico Salvino Sul vini (Fasti consol. p. 70), accadde talvolta ad altri Toscani, cioè ch’essi, fondati sul benefizio del Cielo, che donò loro il più gentil parlare d’Italia, trascurano i loro stessi beni, non osservando perfettamente V esatta correzione, e non curandosi di aggiugnere alla fertilità, per dir così, del lor terreno la.necessaria cultura , e a’ loro componimenti l’ultimo pulimento. In seguito al Giambullari moltissimi altri Toscani scrissero a illustrazione della lingua italiana, e non pochi ne abbiam poc’anzi accennati. L’Accademia fiorentina e quella della Crusca presero a principale oggetto delle loro fatiche la prefazione di essa; e quindi vennero le tante lezioni su’ più colti scrittori , e singolarmente sul Petrarca e sul Boccaccio. Frutto ancora di tali studj furono le tante edizioni che de’ detti autori e di più altri del buon secolo della lingua toscana si fecero allora , e quella singolarmente del Decamerone, poichè la celebre edizione fatta in Venezia nel 1527, benchè da alcuni giovani fiorentini fosse diligentemente riveduta e corretta su alcuni codici assai pregiati , parea nondimeno aver bisogno di qualche emenda, e inoltre per le empietà che rendevane la lettura pericolosa, era stata, come