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TERZO 3293 orazioni ili difesa della lingua latina, da noi già mentovate, nelle quali egli sostenne che l’italiana dovea essere confinata nelle ville, ne’ mercanti, nelle botteghe, e usata solo da uomini di basso affare. Lo stesso fecero Pietro Angelio da Barga in una sua orazione detta nello Studio di Pisa, Celio Calcagnini in un suo trattato della Imitazione, diretto a Giambattista Giraldi, nel quale egli si mostra desideroso che la lingua italiana sia totalmente sbandita dal mondo, Francesco Florido nell1 Apologia di Plauto, da noi poco anzi accennata, Bartolommeo Ricci nel secondo de’ suoi libri dell’Imitazione, Giambatista Goineo in un Paradosso da lui recitato nell1 Accademia degl’Infiammati di Padova; a’ quali scrittori, nominati dal Varchi (Ercolano, p. 243, ed. ven. 1570), si possono aggiugnere alcuni altri rammentati da Apostolo Zeno (Note al Fontan. ti 1, p. 35), e fra essi il famoso Sigonio nella sua orazione De latinae linguae usu retinendo. Ma se la lingua latina potè trovare valorosi scrittori che si presero a cuore il sostenerne l’onore, molti ne ebbe ancor l’italiana, che o col promuoverne.e agevolarne lo studio , o col difenderne l’eccellenza ed i pregi, la tenner ferma contro gl impetuosi assalti de’ suoi nemici, e con sì felice successo , eli’ ella andò sempre più propagandosi e stendendo per ogni parte il suo regno. Nè ella pretese allora di cacciar dal trono la lingua latina, ma solo o di regnare con essa, o di avere almen dopo essa il primo grado d’onore. E così in fatti avvenne nel secolo di cui scriviamo; benchè poscia ella abbia preso