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TERZO l8()3 a mio credere, posson chiamarsi ad esame: la fecondità dell'immaginazione, la vivacità del racconto, l'eleganza dello stile. E quanto alla prima, io mi lusingo che anche i più dichiarati adoratori del Tasso non negheranno ch essa non sia di gran lunga maggiore nell' Ariosto, il quale tante e sì leggiadre invenzioni ha inserite nel suo Orlando, che non senza ragione il Cardinal Ippolito d’Este gli chiese, come si narra, ove avesse trovate tante corbellerie. Appena vi ha canto, in cui qualche nuova ed impensata avventura non ci si offra, che tiene attentamente sospeso, e mirabilmente diletta l’animo de lettori. Il Tasso al contrario, benchè egli ancora sappia cambiare scena e variare gli oggetti, questi però non son tali comunemente, che sian parti di una fervida fantasia; ma per lo più son tratti da altri poeti, o immaginati secondo le loro idee. Vero è che appunto perchè PAriosto scriveva un poema romanzesco, ei poteva secondare più facilmente la sua fantasia, e molte cose erano lecite a lui, non al Tasso, perciocchè al primo non disdiceva il narrar cose e inverisimili, e anche realmente impossibili, secondo l’uso degli scrittori de’ romanzi, ciò che al secondo non era lecito in alcun modo. L’ippogt ifo di Ruggieri, la salita di Astolfo alla luna, la pazzia di Orlando, ed altre somiglianti invenzioni di quel bizzarro cervello, stanno ottimamente in un poema di quella natura, che prese a scrivere PAriosto; ma in un poema serio ed eroico, qual è quello del Tasso, sarebber degne di biasimo. Ma ciò non ostante, mi