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i •joo Liimo Se dunque il Castelvetro non seppe cedere alla comune opinione che rimirava quella canzone come cosa poco men che divina, ei diede in ciò a conoscere il suo saggio discernimento. In fatti giuste e ben fondate a me sembrano alcune delle opposizioni del Castelvetro, benchè altre sien troppo sottili ed astruse difetto in cui egli cade più volte nelle sue opere, e in cui cadono sovente gli uomini di più penetrante ingegno, quando per secondarlo dimenticano la scorta della natura. Ma non può negarsi ancora che la censura del Castelvetro fosse alquanto aspra e pungente, e che il Caro non fosse degno di scusa, se mostronne risentimento. Il risentimento però fu tale, che tutrijkil biasimo che prima cadeva sull’ aggressore, ricadde, e a mille doppi maggiore, sull’ assalito poichè i più dichiarati partigiani del Caro non posson negare che l’Apologia è opera poco degna di saggio e giudizioso scrittore, e che svillaneggiando sì arditamente il Castelvetro, il Caro recò danno anzi che vantaggio alla sua propria causa. Se dunque il principio della contesa ridonda in qualche biasimo del Castelvetro, in biasimo assai maggiore del Caro ne ridonda il progresso. Ma oltre gli scritti, altre armi ed altri stratagemmi si adoperarono in questa battaglia. A terminarla amichevolmente si adoperò molto Lucia Bertana, di cui diremo tra poco tra le poetesse, e proferse a tal fine la sua mediazione anche il duca di Ferrara Alfonso II. Ogni trattato però fu inutile j c che la durezza nascesse principalmente dal Caro, si afferma concordemente da amendue gli scrittori delle Vite de’