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TERZO,35l) fa Celio Calcagnini nell’ orazion funebre detta nell’esequie di esso (Op.p. 505, ed. Basii, i.*»44). Ei cel descrive come scrittore ammirabile in prosa non men che in versi, e in ogni genere di poesia latina, sì elegante e sì dolce, ch era invidiato da molti, ma da pochi assai pareggiato; sì felice inoltre nella poesia italiana, che a giudizio del Tibaldeo non v’ era chi meglio in ciò riuscisse; dotto ancora nel greco, nella qual lingua avea preso a descrivere la guerra de’Giganti, imitando con maraviglioso successo la gravità e l’armonia d’Omero; dotato di sì grande memoria, che qualunque cosa avesse letta una volta, ei ripetevala anche con ordin retrogado, senza mai esitare; amico per ultimo di tutti i dotti, ch’ ei favoriva e accarezzava in ogni maniera, animandoli colla lode a intraprendere cose sempre maggiori. A questi pregi propri d’ un valoroso coltivator degli studj, aggiugne il Calcagnini ancor quello d’ottimo cittadino e d’uom giusto, magnanimo e pio, e fornito di tutte quelle virtù che dovean renderne dolcissima a’ Ferraresi la ricordanza. Paolo Giovio ancora ne ha inserito l’elogio tra quelli degli uomini illustri (Elog. p. 33), in cui dice fra le altre cose, che di lui valeasi singolarmente il duca Ercole I per disporre i teatrali spettacoli, de’ quali, come abbiamo veduto, egli assai compiacevasi. Era lo Strozzi grande amico del Bembo, come raccogliesi e da qualche lettera a lui scritta (Op. t. 3, p. 189), e dalle Prose, nelle quali il Bembo lo introduce tra' ragionatori in que’ dialogi, ove si cerca di persuadergli che oltre la poesia latina,