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66 LIBRO descrive il fiorente stato in cui esso trovò allor quella corte, alla quale, dice egli (l. cit), accorrevano gli uomini dotti non altrimente che ad Alessandro il Macedone e ad Augusto, e il re accoglievali con onore, e gli ammetteva sovente alla famigliare sua conversazione. Egli volle far pruova del saper di Giannozzo, e un giorno improvvisamente il fece assalire da quanti uomini eruditi avea alla sua corte, i quali su molti argomenti gli mosser dubbj e quistioni. E avendo Giannozzo soddisfatto a tutti con universal maraviglia, Alfonso lo ebbe poscia sempre carissimo. Un’altra volta dovette il Manetti recarsi alla corte di Alfonso per suoi privati affari, e allora trovò il re (l cit p. 594) che trattenevasi nella sua biblioteca disputando con molti uomini dotti del mistero della Trinità, nella qual disputa entrato il Manetti, riportò di comune consenso, e per giudizio del re medesimo, sopra tutti la palma. Quindi non solo ottenne da Alfonso quanto bramava, ma questi colle più cortesi maniere invitollo a star seco, fino a dirgli che se un pane solo gli fosse restato, l’avrebbe diviso con lui. E avendo Giannozzo accettate sì cortesi proferte, il re ne fu così lieto, che assegnogli l’annuo stipendio di novecento scudi d’oro , ed ebbelo sempre, finchè visse, in tal pregio, che non v’avea cosa che Giannozzo chiedessegli, e non 1 ottenesse. Più altre pruove si arrecano da Antonio Panormita della singolare munificenza di questo principe verso le scienze, la gran copia de’ libri da lui raccolta , il piacere che provava, quando alcun venivagliene offerto, di che