Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/293

PRIMO 377 compagno Ciriaco, e il presentarono a Cesare. Questi, udito chi egli fosse, lo accolse con singolare bontà, e in presenza di due suoi consiglieri, Brunoro dalla Scala veronese e Battista Cicala genovese, il dichiarò suo famigliare.

VI. Di tutto ciò che abbiamo sinora accennato , niun indicio si trova nè nell’Itinerario di Ciriaco , nè ne’ frammenti pubblicatine dal Cardinal Barberini e da monsignor Compagnoni; ma ne dobbiam la notizia al pregevolissimo codice trivigiano. Io non ne ho recate le stesse parole, sì per non annojare chi legge con soverchie citazioni, sì per la speranza che ho di darlo un giorno alla luce, il che servirà non solo di pruova a ciò ch’io ho affermato, ma darà ancora più altre belle notizie da me per brevità tralasciate. L’Itinerario pubblicato dall’ab. Mehus comincia dal ragionamento che tenne Ciriaco in Roma collo stesso imperadore Sigismondo, quando questi vi si recò finalmente nel maggio dell'anno 1433 , perciocchè tutto ciò che ad esso precede, non comprende che i nomi degli uomini dotti che aveano approvato il disegno da lui formato di raccogliere le antichità, e gli elogi di cui l’aveano onorato. Prende poscia a narrare (p. 21), e quasi colle stesse parole si narra ciò ancora dallo Scalamonti, che in Roma avendo egli mostralo alP imperador Sigismondo , quanto obbrobriosa fosse f indifferenza che aveasi comunemente pe’ monumenti antichi, egli ne approvò sommamente il pensiero, e lo esortò a continuar con coraggio l’opera incominciata. Dopo questo colloquio, nel suddetto Itinerario Ciriaco balza