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QUARTO Gyi) all’architettura, lo stesso Winckelntaim (lice (ih. p. 332) ch’ella in qualche modo fioriva ancora. Gli esempi però ch’egli reca, di magnificenza e di buon gusto nel fabbricare, sono tutti anteriori a’ tempi di Costantino; e il solo ch’egli accenna creduto di questa età, si è un tempio che dicesi ristorato dal medesimo Costantino, in cui egli osserva che due colonne furono collocate a rovescio, ponendo la parte inferiore sopra la superiore (27). V. Ma ciò che alla scultura e all’architettura riuscì più funesto, furono le invasioni de’ Barbari , e i saccheggi amenti a cui Roma soggiacque (28). Io crederò bensì che esagerasse troppo Procopio, quando scrisse (De Bello. Vandal. (a) Qui ancora il sig. ab. Fea mi riprende (TV’mck. Slor. delle Arti, t 2, p. 4.13, ed Rom.) perchè io non ho avvertito che il Winckelrnann non intende nel passo da me citalo di fissare l’età in cui quel tempio sì barbaramente fu ristorato. Ma poiché il Winckelrnann istesso confessa che ciò dovrei!)’essere stato fatto intorno ai tempi di Costantino, e poiché io ne ho parlalo come di cosa non certa, scrivendo: creduto di questa età, e che dicesi ristorato da Costantino; così non parmi di dover cambiate cosa alcuna in ciò che ho scritto. (b) Avvertasi ch’io qui parlo di saccheggiamene’ , non di rovinee che di essi perciò dee intendersi ciò eh’io dico narrarsi da Procopio, che nel sacco dato a Roma da Alarico niuno de.’ pubblici e de’ privati edifizj rimanesse intatto, cioè che tutti furono esposti alla ingordigia e alla preda degl’invasori. Io non veggo perciò perchè mi abbia corretto il sig. ab. Fea (JVmek.Stor. delle Arti, t. 3, p. 269), come se io avessi fallo dire a Procopio che Alarico bruciasse tutta Roma, ciò eh’io non ho mai dello, nc mai ho fatto due a Prncopio.