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SECÓNDO 5 01) Ma (li essa ancora non so che sia stata data alle stampe. Intorno a Gellio degno è di vedersi ciò che scrivono il Funccio (De vegeta lat. ling. senect. c. 4) e Pier Daniello Longolio nella prefazione premessa all’edizione di Gellio fatta in Haff in Sassonia l’anno 1741 III. Le Notti Attiche di Gellio, di cui finor abbiam favellato, ci fan conoscere il non troppo felice stato della letteratura di questi tempi. Nói vi reggiamo i più dotti uomini che allora fossero in Roma, occupati spesso in faticose ricerche intorno a quistioni gramaticali di niuna importanza, e mi par di scorgere in essi un certo spirito, per così dire, di picciolezza ben lontano dal pensar grande e sublime degli antichi Romani. Ma forse era questo un effetto di sollecitudine e di zelo per la conservazione della lingua latina. Gellio in fatti si duole del dicadimento in cui ella era a’ suoi tempi. Noi possiamo osservare, egli dice (l. 13, c. 27), che la più parte delle parole latine dal senso che avevano, quando furon formate, passate sono ad averne un altro o somigliante, o diverso assai; e ciò è avvenuto per l’uso e per l’ignoranza di coloro che senza esame adoprano quelle parole, di cui non hanno appreso il senso. Quindi è che sì spesso s’incontrano presso lui minutissime riflessioni sul vero senso di alcune parole, e sugli abusi nella lingua latina introdotti. Ma meglio forse avrebbon fatto que’ valentuomini se non tanto nello studio delle parole quanto in quello de’ sentimenti e dei pensieri si fossero esercitati, e avessero procurato di far rivivere, se pur era possibile,