Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/475

438 turno appresso. Abbialo veduto die Alessandro Severo solea recarsi spesso al pubblico Ateneo ad udirvi i poeti latini e greci che recitavano i loro componimenti; de’ quali perciò convien dire che vi avesse buon numero in Roma; e di Gallieno ancora si è detto che gareggiò co’ poeti in un epitalamio sulle nozze de’ suoi nipoti. Anzi Trebellio Pollione ci dice che cento furono allora i poeti che a questa occasion verseggiarono: Epithalamium quod inter centum poètas praet ipuum fuit (in Gallieno, c. 11). Del mentovato Alessandro Severo racconta ancora Lampridio che Agoni praesedit (in Alex. Sev. c. 35), colle quali parole sembra ch’egli indichi i giuochi capitolini altrove da noi rammentati, che ogni cinque anni solevansi celebrare, e ne’ quali i poeti e gli oratori venivano a disfida d1 ingegno per 1 ¡portarne la corona al vincitor destinata. Questi durarono per molto tempo, poichè Censorino, che scrisse il suo libro del Dì Natalizio l’an 238 in cui fu ucciso Massimino I, come osserva il P. Petavio (De Doctr. temp. l. 11, c. 21), dice che in quell’anno appunto eransi i detti giuochi celebrati la trentesima nona volta (De Die nat. c. 6). Fino a quando si continuasse a celebrarli, non si può facilmente determinare. Il Pitisco pensa congetturando (Lex. Antiq. rom., V. A goti.) che durassero ancora ne’ più bassi secoli; ma parmi poco probabile che nello sconvolgimento in cui gittarono Roma le invasioni de’ Barbari, si potesse ancora pensare a gareggiar poetando. Forse ancor prima di esse lo stabilimento della religion cristiana li fè cessare , per toglier così