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LIBRO TERZO 5»7 húmidos spiritus pallore volumina corrumpunt. Anzi Vitruvio parla in maniera che sembra che quasi comune fosse allora ai grandi il formare ne’ lor palagi, o accanto ad essi una copiosa biblioteca, perciocchè egli così aggiugne non molto dopo (ib. c. 8): Nobilibus, qui honores magistratusque gerendo praestare debent officia civibus, facienda, sunt vestibula regalia, alta atria, et peristylia amplissima, silvae ambulationesque laxiores ad decorem majestatis perfectae. Praeterea bibliothecas, pinacothecas, basilicas non dissimili modo quam publicorum operum magnificentia comparatas, quod in domibus eorum saepius et publica consilia et privata judicia arbitrio conficiuntur. XV. A raccogliere, ad ordinare e a custodire le pubbliche biblioteche scelse Augusto de’ più dotti uomini che fossero allora in Roma. Tre ne veggiam nominati presso Svetonio. Il primo è Pompeo Macro, a cui secondo il detto autore (in JuL c. 56) una breve lettera scrisse Augusto vietandogli il render pubblici alcuni libri da Giulio Cesare in età giovanile composti: In epistola, quam brevem admodum ac simplicem ad Pompejum Macrum, cui ordinandas bibliothecas delegaverat (Augustus), misit. Il secondo è Caio Giulio Igino liberto d’Augusto, uomo nelle antichità versatissimo, di cui pur dice Svetonio che fu prefetto della palatina biblioteca (De Ill Grammat, c. 20). E per ultimo Caio Melisso gramatico carissimo a Mecenate e ad Augusto, che gli diede la libertà e gli commise la cura di ordinare le biblioteche del portico di Ottavia: Quo (Augusto)