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204 la secchia rapita


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     Armato il cavalier di tutto punto,
e compartito il sole ai combattenti,
diede il segno la tromba: e tutto a un punto
si mossero i destrier come due venti.
Fu il cavalier roman nel petto giunto,
ma l’armi sue temprate e rilucenti
ressero; e ’l conte a quell’incontro strano
la lancia si lasciò correr per mano.
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     Ei fu colto da Titta a la gorgiera,
tra il confin de lo scudo e de l’elmetto,
d’una percossa sí possente e fiera,
che gli fece inarcar la fronte e ’l petto.
Si schiodò la goletta, e la visiera
s’aperse, e diede lampi il corsaletto;
volaro i tronchi al ciel de l’asta rotta,
e perdé staffe e briglia il conte allotta.
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     Caduta la visiera il conte mira,
e vede rosseggiar la sopravesta;
e: — Oimè son morto, — e’ grida, e ’l guardo gira
a gli scudieri suoi con faccia mesta.
— Aita, che giá ’l cor l’anima spira,
replica in voce fioca, aita presta. —
Accorrono a quel suon cento persone,
e mezzo morto il cavano d’arcione.
38
     Il portano a la tenda, e sopra un letto
gli cominciano l’armi e i panni a sciorre.
Il chirurgo cavar gli fa l’elmetto,
e il prete a confessarlo in fretta corre.
Tutti gli amici suoi morto in effetto
il tengono: e ciascun parla e discorre
che non era da porre a tal cimento
un uom privo di forza e d’ardimento.