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dai rami penduli del gelsomino i piccoli fiori stellanti mandavano effluvi, celando tra il verde i petali paurosi dell’oscurità imminente.

Vanna sospirò e dischiuse le mani, protendendole appena, quasi per fare invito a un’altra mano di ricercare la sua; ma l’incanto fu rotto da un agitato stropicciar di passi e la piazzetta fu invasa per un momento da una lunga fila di seminaristi, che scomparvero subito, agitando i lembi delle sottane violacee.

Il calzolaio gobbo si tolse in ispalla il suo deschetto e dileguò sotto l’arcata, zuffolando il motivo del brindisi:

Il segreto per esser felici...

Il motivo di quel brindisi risuonava da tre giorni alle orecchie di Vanna in tutte le ore, poichè al teatro Comunale si rappresentava appunto l’opera Lucrezia Borgia in occasione delle feste.

Vanna sollevò la fronte e scosse il capo; la musica di quel brindisi la infastidiva simile al ronzìo di una mosca, ed una mosca petulante di gaiezza le pareva anche Ermanno, che le salterellava intorno, le si buttava addosso, solleticandole il viso con le anella dei capelli spioventi.

— Sta fermo — ella gli disse, traendolo a sè. — Vuoi che io ti mandi con Titta a vedere l’illuminazione in piazza del Duomo?

Il bimbo rispose di no; preferiva restare in casa ad aspettar Serena. Dov’era Serena? Perchè non si faceva vedere? Non sapeva forse che Er-