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sceva; se non che li osservava e li accarezzava tutti quanti con maggior rispetto che non fosse solito fare: parevagli in certo modo che non ne fosse egli il padrone, e dubitandone quasi, si provò a chiamarli: Azor, Fido, Aloff! I cani chiamati gli si avvicinarono prontamente, dimenando la coda.

— Meno male, disse il barone, i miei cani sembrano essere proprio ancora i miei cani... Ma è singolare questa sensazione che provo alla testa, questo peso... E che cosa sono questi strani desideri che sento, queste volontà che non ho mai avute, questa specie di confusione e di duplicità che provo in tutti i miei sensi? Sarei io pazzo?... Vediamo, riordiniamo le nostre idee... Le nostre idee! Sì, perfettamente... perchè sento che queste idee non sono tutte mie. Però... è presto detto riordinarle! Non è possibile, sento nel cervello qualche cosa che si è disorganizzato, cioè... dirò meglio... che si è organizzato diversamente da prima... qualche cosa di superfluo, di esuberante; una cosa che vuol farsi posto nella testa, che non fa male, ma che pure spinge, urta in modo assai penoso le pareti del cranio... Parmi di essere un uomo doppio. Un uomo doppio! Che stranezza! E pure... sì, senza dubbio... capisco in questo mo-