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l’arte sua: un piccolo stipetto di legno di mirto, un canestro di tavole sottili a trafori, uno specchietto con una cornice a foglie di acanto, un agoraio di osso a basso rilievo; e Paolina possedeva due ovaroli veramente pregevoli, e alcuni oggetti di corno fuso, e molti altri ninnoli che formavano l’ornamento principale del suo piccolo appartamento.

Nella sera di quel giorno stesso, dopo essersi assicurato che Marianna stava bene, e aver pregato una buona vicina di sorvegliarla, Luigi tornò da Paolina.

La giovine stava leggendo con grande attenzione una lettera, giuntale in quel momento da Parigi, e aveva perciò lasciata a mezzo la sua cena di pane e butirro, che appariva disposta sopra un piccolo tavolino, con alcune pesche vermiglie, e un grappolo di uva muscata.

Checchè si sia detto della virtù dello sguardo nel rivelare le sensazioni più occulte del cuore, non si potrà mai definirne la potenza del linguaggio in coloro che non conobbero mai la simulazione e non si avvezzarono a nascondere colla maschera dell’apatia le pronte e ingenue rivelazioni della natura.

Un osservatore qualunque, il meno perspicace, avrebbe potuto leggere ad una ad una negli occhi e nel sorriso di Paolina quelle parole che essa leggeva nella lettera: ma quel viso era così aperto, quegli occhi così sinceri, quei lineamenti così puri, che la menoma alterazione, movessela il dolore o la gioia, appariva tosto visibile.

Quando la giovine ebbe finito di leggere, ripiegò la lettera, e avvicinandola alle labbra ve le premette con ar-