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LIBRO SECONDO 81

l’ammazzare: dieci miglia era pieno di cadaveri e di armi. Trovaronsi tra le spoglie le catene per legare i Romani, come sicari del vincere. L’esercito nel luogo della battaglia gridò: Viva Tiberio Imperatore: e sopra un monticello, a ciò fatto, rizzò come un trofeo di quell'armi, e sotto vi scrisse i nomi delle vinte nazioni.

XIX. Cosse più a’ Germani questo spettacolo1 che le ferite, le lagrime, lo sperperamento; e quei che pensavano al ritirarsi oltre Albi, voglion ora quivi stare e combattere: plebe, grandi, giovani, vecchi, carpano l’arme e le romane schiere investono, travagliano. Indi scelgono un piano stretto e motoso, cinto da fiume e da boschi cinti da profonda palude: se non che da un lato gli Angrivari, per dividersi da’ Cherusci, avevano fatto grosso argine. Quivi si posero i fanti, e ne’ vicini boschi cavalli in agguato, per uscir di dietro ai nostri quando vi fossero entrati.

XX. Sapeva Cesare tutti i loro disegni, luoghi, fatti segreti e pubblici; e l’astuzie del nimico in capo lor rivolgeva. A Seio Tuberone Legato assegnò i cavalli e il piano: i fanti ordinò parte entrassero per lo piano ne’ boschi, parte guadagnassero l’argine; il più forte lasciò a sè: il rimanente a’Legati. Quei del piano entrarono agevolmente; gli scalatori dell’argine, come sotto muraglia, eran di sopra percussati duramente. Vide il capitano che dappresso non si combatteva del pari: e fece ritirare alquanto le

  1. Il danno, perchè può venire dalla fortuna, si sopporta: lo scherno, perchè mostra viltà, mette in disperazione. Basta vincere, e non si dee stravolere. Quanto costa la statua del duca d’Alva posta in Anversa?