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LIBRO QUARTO 227

e pongon l’orecchio a’ buchi, a’ fessi. Laziare esce fuori, trova Sabino, dicegli, avergli da dire; menalo in casa, tiralo in camera, ricordagli cose passate e presenti (chè troppe ve n’avea), e mettegli paure nuove. Esso ridice le medesime, e più non sapendo chi entra nei suoi affanni, finare. Corrono a metter la querela; scrivono a Cesare l’ordine dello inganno e lor vituperio. Roma non fu mai si ansia, spaventata, guardinga, eziandio da’ suoi medesimi; fuggivano i ritruovi1, i cerchi e qualunque orecchio; le cose ancor senza lingua e senz’anima, tetta e mura e lastre, eran guardate intorno se vi dormisse lo scarpione.

LXX. Cesare nelle calende di gennaio, per una lettera a Padri, dato prima il buon capo d’anno, disse che Sabino aveva corrotto certi liberti contro

    mistocle. Giustino, l. 2. Piero dei Medici nascose dietro al cortinaggio l’ambasciador di Carlo VIII re di Francia, perché udisse quanto gli diceva l’ambasciador di Lodovico Sforza del suo perfìdo animo contra esso re. Non averlo chiamato in Italia per sottoporla a’Franzesi, perpetui nimici, ma perchè contro alli Aragonesi lui aiutasse. Il che fatto, avrebbe modo a farloci rimanere. Così dice la storia di Bernardo Rucellai latina, da Erasmo veduta, e lodata di molta eleganza. E di poi il Giovio nel i libro delle Storie.

  1. Spiritavano anche al tempo d’Augusto di questo medesimo. Valerio Largo accusò e rovinò Cornelio Gallo, suo dimesticissimo, per aver detto male di esso Augusto. Onde Proculeio, ottimo giovane, riscontratolo, si turò il naso e la bocca dicendo: dove costui è, non si può alitare. Un altro l’affrontò con testimoni e notaio, e disse: Conoscimi tu? rispose, No; ed ei soggiunse: Notaio roga, e voi siate testimoni come Valerio non mi conosce: adunque non mi potrà spiare.