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LIBRO TERZO 161

se tutti fanno male, egli solo n’è lacerato. Ma che comincerò io prima a vietare o ritirare al modo antico? le ampissime ville? i tanti schiavi di tante lingue? le masse dell’oro e ariento? i bronzi e le pitture di miracolo? il vestir di seta gli uomini come le donne? e per le gioie loro lo spandere i nostri tesori per le mondora strane o nimiche?

LIV. „Io so, che questi abusi nelle cene, e ne’ cerchj son biasimati, e si vorrebbon levare; ma come e’ si venga al fame leggi, e porvi pena, que’ medesimi metteranno Roma a romore, dicendo; E’ si gitta il ghiaccio sopra i più ricchi; e coprirà ogn’uno. Ma come i vecchi malori impigliati nel corpo si guariscon col ferro e col fuoco, così l’animo quando è infettato e infetta, e di focose libidini arde e languisce, con altrettali rimedi si vuole attutare. Il disuso delle tante leggi antiche, il dispregio, che peggio è, delle tante del divino Augusto, hanno assicurato lo scialacquare. Perchè chi vuol fare la cosa ancor non vietata, la fa con timore non ella si vieti; chi senza pena può fare la proibita, nè più timore ha, nè vergogna. Perchè regnava la masserizia già? perchè ciascuno si temperava; perchè noi eravamo cittadini tutti di Roma: e non avendo signoria fuori d’Italia, non ci venivano sì fatte voglie. Le vittorie di fuori ci hanno insegnato scipare la roba degli altri, e le civili anche la nostra. Che cosellina verso l’altre mi ricordano gli edili? Ninno ricorda che l’Italia vuol soccorso di fuori; che la vita del popolo romano sta a discrezione del mare e delle tempeste; e senza le vettovaglie di fuori chi nutrirebbe noi, i servi, i contadi? I bei boschetti forse e le ville? Questi


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