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158 DEGLI ANNALI

cissioni, e altre cose. Cornelio Dolabella, adulatore più saccente degli altri, pronunziò, che da Capua in Roma egli venisse ovante. Eccoti lettera di Cesare, che non era sì mendico di gloria, che dopo tante ferocissime genti domate, tanti trionfi avuti e rifiutati in giovanezza, si volesse ora in sua vecchiaia pagoneggiare d’un pellegrinaggio d’intorno alle porte di Roma.

XLVIII. In questo tempo al senato domandò che a Sulpizio Quirinio si facessero esequie pubbliche. Non era de’ Sulpizj antichi senatori; nacque in Lanuvio: fu soldato feroce. Augusto l’adoperò in forti affari; e fatto consolo, prese le castella, degli Omonadesi in Cilicia, e n’ebbe le trionfali; governò C. Cesare quando tenne l’Armenia. In Rodi fece servitù a Tiberio, che se ne lodò in senato; e dolsesi di M. Lollio che avesse messo C. Cesare in su le cattività e risse. Ma il popolo odiava Quirinio per aver, com’è detto, rovinato Lepida, e per essere vecchio sordido e strapotente.

XLIX. Allo scorcio dell’anno C. Lutorio Prisco, cavalier romano, dopo l’avergli Cesare donato, per aver pianto con una lodata canzone la morte di Germanico, fu accusato d’averla composta prima quando Druso ammalò, e detto, battendosi l’anca: „Domine fallo tristo quel Druso, che non crepò, che n’avrei buscato altra mancia. Lessela per vanità in casa Petronio a Vitellia sua suocera, e altre gentil-donne, le quali confessarono per paura. Vitellia sola disse sempre, non aver udito niente1; ma fu cre-

  1. Neente dicevano gli antichi più accosto al ne ens latino, e in qualche acconcio luogo non è da schifare.