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120 DEGLI ANNALI

legioni lo desiavano, ripigliasse la provincia vota, toltagli a torto. Consigliandosi quel fosse da fare; M. Pisone suo figliuolo voleva sollecitasse d’andare a Roma1: Non essersi ancor fatto cosa da non potersi purgare: novelle e sospetti deboli non doversi temere: meritare la discordia con Germanico odio forse, ma non pena: sfogherebbonsi i nimici per la provincia toltagli; comincerebbesi, tornando per cacciarne Senzio, guerra civile: non gli terrebbono il fermo i capitani e i saldati, che hanno fresca la memoria del loro imperadore, e confitto nel cuore l’amore a’ Cesari.

LXXVII. In contrario, Domizio Celere suo sviscerato disse: „Non si perda l’occasione: Pisone e non Senzio, fu posto in Soria al governo civile, criminale e militare. Se forza l’assalirà, qual arme più giuste, che di chi tiene autorità di Legato, e proprie commessioni? Lascinsi anco allentare i romori; agli odj freschi non resistono gl'innocenti. Quando avremo l'esercito, e forze maggiori, tal cosa verrà ben fatta, che non si pensa. Che vuoi correre e smontare al pari delle ceneri di Germanico, acciocchè al primo strido d’Agrippina il popolaccio t’affoghi? Augusta ci è intinta, Cesare in segreto è per te; e della morte di Germanico più schiamazza chi più l’ha cara.„

LXXVIII. Venne agevolmente Pisone, atroce per natura, in questa sentenza, e a Tiberio scrisse: „Germanico fu sparnazzatore e superbo; e mi cacciò per poter fare novità. Ho ripreso la cura dell'esercito con

  1. Per sei ragioni notabili, per la prudenza del giovane, e brevità dello scrittore.