Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/39

preoccupava era il timore che Macario lo disprezzasse vedendolo subire tanto umilmente tali impertinenze. Avrebbe dato del suo sangue per trovare una parola acconcia, pungente. 

— Non prendo mai tè — disse con accento cortese, quasi domandando scusa, irritato di non trovare altra frase e di non saperle dare altra intonazione. 

— Vuole del cognac? — domandò Annetta senza guardarlo.

— No! — e non volle dire di piú, ma un inchino involontario rese cortese anche questo monosillabo. 

Macario gli diresse piú di spesso la parola e Alfonso pensò ch’era stato colpito dallo strano contegno d’Annetta e che volesse indennizzarlo con le sue attenzioni. A Macario Alfonso rispose con maggiore tranquillità ma anche a monosillabi. 

— Suona qualche strumento? 

— No! 

Macario gliene fece i complimenti; nulla di piú terribile di uno strimpellatore dilettante. 

— Cantare, meno male, come mia cugina. Non capisce tutto quello che canta, ma ha la voce aggradevole e piace. Piace persino a me; il mio entusiasmo di poco fa era sincero. 

Annetta ringraziò con ironia, si capiva però ch’era offesa del rimprovero piú di quanto volesse lasciare trasparire e lo capí anche Alfonso che ne ebbe un senso di profonda soddisfazione; anch’essa andava ora cercando senza trovarla una risposta per ferire o per difendersi. 

Per qualche tempo ella aveva parlato scherzosamente, ma poiché Macario continuava a farle dei complimenti sulla sua bellezza e sulla sua grazia ma non recedeva da quanto aveva detto, ella aveva finito col dimostrare piú apertamente la sua stizza. Col volto serio e persino alquanto piú pallido gridò: 

— Dimmi qualche cosa di piú preciso; dove ho sbagliato? Per criticare — e voleva essere pungente, — non basta mica deridere.