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ma l’offerta era fatta con spontaneità, e la signora Lanucci dovette ringraziare per quanto la prontezza di Alfonso l’addolorasse. Volontieri lo avrebbe ora esonerato da quell’ufficio, ma decentemente non lo poteva. Volle almeno diminuire il suo zelo: 

— Non occorre premura. Abbiamo tutto il tempo necessario per fare le cose con calma. 

In tale modo anche la vecchia fu indotta ad acconsentire ai piani di Gustavo ed anzi, nell’ira, le parve che il suo assenso bastasse per portare subito a compimento il matrimonio di Lucia. 

— Adesso tocca a te di agire — disse a Gustavo, — e al piú presto. Forse che cosí si riesce ancora a far morire di rabbia qualcuno. — Questo qualcuno era Alfonso. 

Quel Gustavo aveva dei brutti amici. Portò per primo un rivenditore di libri usati ma ricchissimo. Alfonso ignorando che anche Gustavo avesse ricevuto l’identico suo incarico non pensava che fosse quell’uomo un candidato alla mano di Lucia. Non avrebbe potuto indovinarlo. Il candidato era cinquantenne, ma dimostrava un’età anche piú avanzata avendo la pelle incartapecorita dal sole e dalle intemperie, alle quali, per il suo mestiere, doveva stare esposto. Gli occhi gli lagrimavano e non sapendo ch’era una visita da sposo che gli si faceva fare, aveva omesso di farsi togliere dalle guancie certo pelo bianco, giallastro che vi cresceva irregolarmente. 

Quando se ne andò, la Lanucci ridendo guardò il marito e anche questi sorrise. Gustavo se ne sentí offeso e non seppe resistere al desiderio di difendersi subito: 

— È però lucente d’oro, — disse. — I gusti delle donne non si sanno mai e sarebbe stata una bella fortuna se a Lucia fosse piaciuto. 

Il secondo amico che Gustavo presentò in casa fu il padrone di un macello, benestante, piú giovine dell’altro ma non meno sucido. Era vedovo da poco tempo e Gustavo riteneva che cercasse moglie. S’ingannava. Il beccaio bevette di troppo del vino che c’era sul tavolo dei Lanucci e nella somma beatitudine, volendo dimostrare la sua riconoscenza ai novelli amici, esclamò: