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i denti dal freddo, ma su quel posto aveva trovato tanta dolce commozione ch’esitava ad abbandonarlo.

— Sei in camicia? — domandò lei e udito che sì, gli ordinò di andarsi a coricare.

Egli andò a letto malvolentieri ma quando vi fu, trovò subito la posizione che aveva cercata invano tutta la notte, e dormì ininterrotte un paio d’ore.

Col Balli non fu punto difficile d’intendersi. Alla mattina lo trovò mentre marciava dietro al carro del canicida, tutto commosso della sorte di tante povere bestie. Ne era afflitto, ma ricercava quella commozione per sentirsi, diceva lui, più artista nell’affetto agli animali. Alle parole di Emilio diede poco ascolto, avendo le orecchie intronate dai guaiti dei cani, il suono più doloroso ch’esista in natura quando è provocato da un dolore così inatteso come quello dell’improvvisa stretta violenta al collo. — C’è dentro la paura della morte — diceva il Balli — e nello stesso tempo un’enorme, impotente indignazione.

Il Brentani ricordò con amarezza che anche nel lamento di Amalia si era sentita una sorpresa ed un’enorme, impotente indignazione. La presenza del canicida gli facilitò però il suo compito. Il Balli lo ascoltò distrattamente, e dichiarò di non aver niente in contrario a venire da lui quel giorno stesso.

Ebbe qualche leggero dubbio soltanto a mezzodì quando venne a prendere Emilio all’ufficio. S’era già convinto che Amalia, innamorata di lui, si fosse confidata col fratello e che costui avesse creduto opportuno allontanarlo dalla sua casa; ora invece Emilio