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calvizie e a quel pelo una faccia di cuor contento. — Oh, se Emilio l’avesse vista!

— Buona sera signor Balli — sentì dietro di sè un saluto riverente. Si volse. Era Michele. Capitava in buon punto.

Con sùbita decisione, il Balli lo pregò di andare da Emilio Brentani; se era in casa di condurlo subito con sè, e se non c’era di attenderlo finchè non fosse venuto. Michele si prese appena il tempo di ascoltare l’ordine e si mise a correre.

Impaziente, il Balli s’appoggiò ad un albero di faccia al caffè. Avrebbe saputo impedire lui che Emilio se la prendesse con l’ombrellaio o con Angiolina. Sperava di saper renderlo calmo e libero per sempre da quel legame.

Giulia era venuta alla porta e guardò attentamente a sè d’intorno; ma, trovandosi in piena luce e il Balli nell’ombra, non lo scorse. Il Balli stette immobile non importandogli di celarsi. Giulia rientrò e uscì poi accompagnata da Angiolina e dall’ombrellaio che ora non osava più tenere per mano la sua amata. Si diressero con passo più celere verso il caffè Chiozza. Fuggivano! Fino al Chiozza il compito del Balli restò facile perchè Emilio doveva venire per quella via; ma quando piegarono a destra, verso la stazione, allora il Balli si trovò in grande imbarazzo. L’impazienza lo rese iroso. — Se Emilio non viene in tempo, congedo Michele.

Fino a un certo punto fu aiutato dalla sua ottima vista. — Ah, canaglie! — mormorò irritato accorgen-