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dosi. Il signor Aghios sospirò soddisfatto di aver indovinato.

Il giovanotto aveva visto spesso Anna accanto alla fidanzata, ma non se ne era subito innamorato. Era una bambina, una vera bambina a quattordici anni. Di adulta c’era in lei la grande soggezione ai ricchi parenti, un calcolo dunque da persona molto ragionevole. Ma a quindici anni anche tale soggezione divenne ancora piú da adulta, cioè s’ammantò di un po’ di tristezza e divenne dolorosa per certi lievi scoppii di ribellione subito repressi, ma non abbastanza prontamente per sfuggire ai parenti che perciò la odiavano. Era vestita piú dimessamente di prima, ma ogni straccio sul suo corpicino diventava importante.

Il signor Aghios aveva già bevuto abbastanza per sentirsi capace di conservare tutta la libertà di cui aveva goduto quasi tutto il giorno anche di fronte ad un interlocutore tanto veemente.

Con l’esperienza di chi molto amò e desiderò, ma nello stesso tempo con la parola pacata del vecchio ch’è simile all’uomo oggettivo chiuso nel laboratorio con gli elementi che rubò alla vita, osservò: «Questi stracci appiccicati alla donna amata diventano una sua estensione. È come porre su una fiamma un pezzettino informe di metallo. Quando s’arroventa emana la stessa o anche una maggiore luce della fiamma stessa. C’è una differenza però. Tutti vedono la luce. Non tutti la bellezza di quegli stracci. Grande differenza!».

Il Bacis tracannò un bicchiere di vino per poter restare col pensiero al proprio discorso. Ma con l’Aghios un bicchiere non bastava, perché era un uomo che in viaggio voleva vederci chiaro.

«Perciò io credo che quegli stracci siano piuttosto simili a certi colori la cui bellezza è sentita dai soli artisti o dagl’intenditori. Già! È evidente! Solo chi ama è un intenditore.» E anche il signor Aghios bevette per premiarsi di tanta acutezza.

«Ma tutti dicevano che Anna coi mezzi piú semplici era vestita splendidamente.»

Poi il Bacis fu anche piú irruente per non dar tempo al signor Aghios d’intervenire.